Aree dismesse, problema o risorsa?

Le aree dismesse rappresentano in una città un problema e, al contempo, una possibile risorsa. Ciò vale, ancor di più, per quelle zone produttive poste in prossimità del centro.

Diversi anni orsono, l’Amministrazione Centinaio aveva preso in considerazione la possibilità di costruire una nuova biblioteca nelle vecchie fonderie della Franco Tosi, area per la quale si prevedeva un intervento misto residenziale. Il progetto si arenò rapidamente dopo un’ampia campagna di pubblicizzazione del nuovo polo, peraltro, passatemi la critica poco velata, più renderizzato che ingegnerizzato. A mio avviso quel progetto era discretamente inopportuno e non era affatto sostenuto da un’adeguata riflessione funzionale.

Non mi dispiaccio, pertanto, del suo prematuro abbandono, ma ne traggo spunto perché la nostra città ha infinite aree analoghe che attendono da anni una nuova vita.

Molto spesso i costi di bonifica scoraggiano gli investitori, altre volte sono i vincoli posti (pensiamo alla Manifattura) a fare arenare qualsivoglia business plan.

Negli scorsi giorni, la nostra candidata Sindaco ha avanzato alcune proposte, specie per la pocanzi citata area della Manifattura, che meritano una riflessione più profonda rispetto alle rapide e come sempre lapidarie controdeduzioni di taluni candidati.

La manifattura è un patrimonio storico, architettonico e identitario. Lo dice uno che è candidato in una lista nel cui simbolo capeggia proprio la ciminiera e che ogni giorno che il Signore manda in terra, la guarda dalla finestra di casa (peraltro con affetto).

La Manifattura è stata oggetto di diversi bandi, tutti non andati a buon fine. Area ampissima, solo parzialmente costituita da edifici di pregio, potrebbe essere il vero tema edilizio ed urbanistico dei prossimi 5 anni, come lo è stato per gli scorsi.

La nostra proposta è stata piuttosto articolata, chiara e per nulla campata per aria. La Manifattura deve tornare a vivere grazie ad una compartecipazione pubblico/privato.

E’ sotto gli occhi di tutti che un acquisto integrale da parte del Comune sarebbe economicamente pressoché impossibile e prospetticamente inopportuno perché la Città di Legnano si troverebbe a dovere gestire, in prima persona, un’area vastissima ed in progressivo indebolimento strutturale. Non possiamo quindi prescindere da un’apertura al privato che deve essere nostro partner in questa operazione.

Peccato che i vincoli ci siano, che risultino fortemente scoraggianti, e che i capitali da investire restino estremamente elevati. Il tavolo deve quindi essere composto necessariamente non solo da Comune e Costruttori, ma anche da imprese che vogliano incamminarsi in un percorso condiviso di lungo respiro.

Carolina, nella breve intervista, ha fatto riferimento non solo al nuovo hub culturale, progetto, credo, unanimemente condiviso, ma anche ad una scuola di alta formazione per il settore moda che veda una partnership forte con aziende del settore (e Legnano è stata una culla fortunatissima). La sezione storica della Manifattura potrebbe quindi completarsi con un tassello strategico di natura formativa. In Italia, anche per via della delocalizzazione, stiamo perdendo professionalità preziosissime e, quandanche alcune imprese (come sta accadendo) dovessero decidere di tornare a produrre in Italia, ci troveremmo, perdonate il gioco di parole, in braghe di tela.

Il tessile/moda, settore spesso in crisi nella nostra provincia ed ancor più nella vicina varesina, si sta spopolando ed è sempre più orfano di figure professionali (sartine, ricamatrici etc.) che un tempo erano il vanto del nostro Paese.

Di questa pericolosa china per il mondo artigianale si sono ben accorti nella vicina Parabiago dove l’Amministrazione ha cercato, presso Villa Corvini, di creare un corso per il settore calzaturiero.

L’area della Manifattura potrebbe diventare un piccolo incubatore connettendo, come spesso succede nel nord Europa, il polo culturale con il mondo formativo mediante un’area start-up per alcuni diplomati che, seguendo il principio della sempre più frequente terziarizzazione del ciclo produttivo tessile, potrebbero ambire ad operare con attività proprie.

Questa fusione di attività concorrerebbe anche a dare un’identità, attualmente assente, al settore bibliotecario definendone peculiarità che potrebbero richiamare persone da tutto l’hinterland legnanese.

Una cosa è certa, un processo ideativo e fattuale che investa un’area sì vasta e strategica, non può prescindere da una riflessione condivisa con tutti gli stakeholder cittadini, in primis le rappresentanze politiche in tutte le loro peculiarità. Chiunque sarà il nuovo Sindaco dovrà, sin d’ora, rendersi persuaso della ineluttabilità ed imprescindibilità della riflessione comune e quanto più possibile unanime.

Dico una cosa del tutto impopolare ma in cui credo fermamente: perdiamoci un anno in più, ma veniamone fuori con una posizione bipartisan perché la posta in gioco è troppo alta.