C’era un gran sole quel 20 giugno a Gavi. La pandemia ci irrideva con una falsa normalità.
Non avevo ancora ben capito cosa realmente fosse Rotary e son certo di non saperlo appieno ancora oggi, dopo quasi tre anni ed un’immeritata Paul Harris.
Ricordo ancora il “benvenuto” del mio club. Una sensazione curiosa.
La spilla che si appunta al bavero della giacca, la mano di Ambrogio che scorre sul tessuto per cercare la mia e si chiude in una stretta calda e sincera.
Lo sguardo di un amico che incrocia il tuo e ti rassicura e poi un applauso. Di quelli belli, quelli che sentivi a teatro a fine spettacolo e che dicono “grazie”.
Ma grazie di che? Si, perché tu sei lì impalato, con un certo imbarazzo perché sei l’ultimo arrivato, il piccolo (…anagraficamente), certamente il meno realizzato e tutti ti applaudono e sorridono.
Oggi lo so, ma allora no: ragazzo, goditi quella stretta, perché è sincera. È nato un nuovo rotariano e la famiglia fa festa, come è giusto che sia. Starà a te rendere la famiglia fiera, ma hai tempo per darti da fare. Adesso goditi il momento, l’applauso, l’incontro dei soci che vengono a darti una pacca sulla spalla. Sei il benvenuto.
L’ingresso di un nuovo socio è sempre un momento di festa. Quando si accoglie un amico è bellissimo. Quando poi ti è concesso di essere il socio presentatore… beh, è un’emozione doppia e nuova.
Sì, perché è il primo gradino di un percorso. È nato un rotariano e la famiglia festeggia. E tu ricordi quando hai avanzato la proposta. Perché un “invito” al Rotary è un’altra cosa. Ci pensi bene prima di muoverti, devi essere certo.

Quando firmi una candidatura ti devi soffermare su quella frase: “Dichiaro, sotto la mia responsabilità, che questo candidato, da me presentato, a mio giudizio possiede le caratteristiche di correttezza negli affari, di altruismo, di propensione al servizio verso la collettività richieste ad ogni buon rotariano.” Se sei un vero rotariano, una persona seria, stai certificando una cosa davvero importante. E lo fai solo se sei davvero sicuro.
Beh, caro il mio “umile bottegaio”, come ti piace gigionescamente definirti, non so se la tua spillatura ti avrà dato le stesse emozioni, non so se lo sguardo dell’amico ti sia servito, ma spero che con la giusta incoscienza dei tuoi trent’anni, ti sia goduto l’applauso e la stretta del tuo club.
Perché è sincera.
Benvenuto, Gianmarco.