Manca solo il sì definitivo della Camera. Il decreto “valore cultura” è stato già approvato al Senato con 175 consensi, voto contrario di Lega Nord e astensione del M5s e potrà diventare legge entro l’8 ottobre. Promosso dal Ministro della cultura e del Turismo Massimo Bray, il decreto prevede, tra le altre cose, fondi per diversi scavi archeologici (in particolare quello di Pompei), per musei, tax credit per i cinema, misure per risanare i debiti delle fondazioni liriche e dei teatri.
Tanto entusiasmo diffuso, ma anche tante polemiche. Spicca il commento dei grillini, che hanno parlato del decreto come un “regalo a Renzi” oltre che per i fondi sbloccati a favore degli Uffizi e del Maggio fiorentino, soprattutto alla luce dei quattrocentomila euro per il Forum mondiale dell’Unesco di Firenze.
Poi c’è chi, come il teatro San Carlo di Napoli, non si sente considerato e per protesta cancella l’apertura della stagione sinfonica. A questo proposito, il ministro Bray ha dichiarato: «Sono consapevole dei sacrifici che il Teatro San Carlo e i suoi lavoratori hanno affrontato negli ultimi sei anni per salvare il teatro ed ottenere positivi risultati economici e produttivi. Così come so bene che il debito patrimoniale, accumulato negli ultimi decenni dal teatro più antico d’Europa, va affrontato nel medio lungo periodo».
Oppure c’è chi, invece, non avrebbe voluto essere considerato. Il dissenso in questo caso arriva dalla Scala di Milano: un altro provvedimento del DL infatti, prevede che il consiglio di amministrazione delle Fondazioni diventi “comitato di indirizzo” e che i membri si riducano a 7. Ciò che preoccupa il teatro milanese è che in questo nuovo assetto è facile prevedere una riduzione del numero di rappresentanti degli sponsor privati, mettendo così a rischio anche la motivazione di una loro sponsorizzazione.
Bene invece l’agevolazione alle donazioni fino a cinquemila euro in favore della cultura, i fondi per promuovere giovani artisti e compositori emergenti e, forse il provvedimento accolto con più entusiasmo, quello che interessa la musica dal vivo. Se il decreto diventerà legge, basterà un’autocertificazione da consegnare in Comune, per annullare l’iter di licenze e autorizzazioni oggi necessarie per organizzare un concerto con meno di 200 spettatori entro le 24.