Tutti lo sanno, ieri si sono tenute le primarie del Partito Democratico. Hanno votato più di 3 milioni di persone. Qualcuno anche più volte, ma questo, se contestualizzato, poco conta.
Un perfetto sconosciuto di nome Matteo Renzi, appoggiato dal 2% della dirigenza di Partito e dal 3% dei parlamentari, ha pareggiato col Segretario Bersani facendo un sonoro pernacchione ai Big.
Se poi pensiamo che il Cdx ha fatto di tutto per affossare Renzi, la sua vittoria fa pensare. Ebbene sì, perché a questa tornata ha votato anche il Pdl. Molti hanno votato Bersani perché avversario poco temuto. Altri, hanno cercato di affossarlo facendo outing: pensiamo alle affermazioni di ieri sera di Berlusconi.
Eppure. Eppure queste primarie sono state un’incredibile lezione di democrazia interna, nonché la controprova che la gente motivata va a votare. Fa la coda, paga e vota.
Giorgia Meloni, entusiasta primarista, è andata a visitare un seggio per vedere l’organizzazione. Spiace il fatto che fosse sola. Chi realmente dovrebbe imparare, probabilmente era a casa a guardare il Gran Premio.
Ha vinto Renzi? Direi di si.
Ha perso Bersani? Certamente.
Ma chi ha realmente perso? Chi si sta leccando le ferite? Il Popolo della Libertà.
Eh già, perché in tutto questo movimento, il Pdl brilla non per il suo immobilismo, ma per il suo moto turbolento. Si, perché ormai nel nostro partito non si capisce più nulla. Con un capo che non si rassegna a passare il testimone con gli onori del caso, una serie di figli litigiosi ed anche poco preparati, un elettorato annoiato e disilluso, una ricerca spasmodica di colpi di teatro, non si va da nessuna parte.
Dopo duri scontri si è scelto di fare le primarie. Silvio era contrario, poi, obtorto collo, formalmente, ha accettato. Ma il suo è un si poco convinto, lo sanno tutti, e infatti i suoi servi fedeli fanno il possibile per farle naufragare e chiedere il suo ritorno. Un canovaccio scontato. E tornerà, certo che tornerà, a meno che i sondaggi non ritraggano la reale situazione del Paese.
Ma Silvio a parte, i problemi sono altri. La litigiosità e la frammentazione del Partito, chiamato ad essere Uno troppo presto, senza un elemento unificatore. La scarsa preparazione della classe dirigente. La paura del figlio che deve gestire l’azienda creata da papà.
Signori miei, che cosa vogliamo fare? Vogliamo morire piano piano? Vogliamo recuperare qualche vecchia coperta ricordando che, alla fin fine, teneva pur sempre caldo? Vogliamo masochisticamente renderci subalterni di altri, come la Lega? Cosa vogliamo fare?
Queste primarie Pdl, ammesso che si faranno, saranno ormai una debacle. E lo abbiamo voluto noi, nessun altro.
Sorge quindi spontanea una domanda: abbiamo un dirigente scout che abbia imparato ad utilizzare una bussola? O magari a guardare il sole, il muschio sugli alberi? Quel che vuole… Insomma, possiamo avere un dirigente che sappia in che direzione andare?