Reggia asburgica dei libri

La Kaiserliche Hofbibliothek di Vienna, la biblioteca di corte imperiale come veniva chiamata fino al 1920, celebra quest’anno il suo 650° anniversario. Tutt’altro che monumento del passato in un mondo sempre più digitale, l’istituzione sta festeggiando una nuova e sorprendente giovinezza, registrando un aumento continuo dei suoi frequentatori.

La biblioteca nazionale ha sede nel complesso dell’Hofburg, il centro del potere austriaco da sei secoli. Il quartiere si è sviluppato progressivamente. Oggi raggruppa alcuni dei più noti monumenti viennesi: la Cappella imperiale, il Museo di storia naturale, il Museo di belle arti, il Burgtheater, la Scuola di cavalleria spagnola. Non vi è stato monarca che non abbia voluto lasciare una propria traccia, tanto che gli stili architettonici si susseguono e si accavallano. Voluta dal duca Alberto III, la Hofbibliothek raccolse all’inizio i testi prima serbati nelle sacrestie delle chiese. Pietra miliare fu un evangeliario del miniatore boemo Johannes von Troppau.

Come in altre biblioteche nel mondo, i libri si contano in milioni, ma quella austriaca comprende alcuni tesori, come il manoscritto del Requiem di Mozart, una copia originale della Bibbia stampata a Magonza da Gutenberg o un antico esemplare di letture sacre della settimana santa in arabo, greco e in lingua copta. La celebre Prunksaal dalle volte barocche fu voluta da Carlo VI, costruita da Johann Bernhard Fischer von Erlach, e inaugurata nei primi decenni del Settecento. Ospitò fin dall’inizio la collezione di Eugenio di Savoia.

«Il ruolo delle biblioteche è cambiato radicalmente nel tempo», nota Andreas Fingernagel, responsabile della raccolta di stampe antiche. «È paradossale. Ormai per leggere un libro bastano un collegamento internet e un computer. Eppure le nostre sale di lettura sono sempre piene. Sono diventate un luogo in cui si viene per consultare un libro raro, leggere, scambiare idee, studiare, scrivere, e anche per guardare un documentario». Il numero di visitatori nelle sole sale di lettura è passato da 227mila nel 2014 a 234mila nel 2017.

In realtà, la Hofbibliothek non è più solo una biblioteca. Organizza mostre e convegni. Tenendo conto di queste nuove attività, l’istituzione viennese ha registrato l’anno scorso quasi 439mila visitatori, rispetto ai 268mila del 2014. La tendenza si nota anche in altri Paesi. A Parigi, la Bibliothèque Nationale ha registrato un forte aumento della frequentazione delle sue sale di lettura: il numero di visitatori è salito da 810mila nel 2014 a 922mila nel 2017. Dall’anno scorso, l’istituzione parigina offre spazi riservati agli studenti che stanno preparando la licenza liceale, mettendo a loro disposizione gratuitamente risorse documentarie.

A Roma, i dati sulle presenze nella sede della Biblioteca nazionale centrale sono meno positivi. Tra il 2013 e il 2017, il numero dei visitatori è sceso da 175 a 158mila. «Da un lato calano le frequentazioni, ma dall’altro c’è un netto aumento dell’accesso alla nostra biblioteca digitale», spiega Silvana De Capua, vice direttrice dell’istituzione romana. «Sulla nostra teca digitale sono al momento consultabili 2.200 testate di periodici e circa 120mila volumi antichi e moderni. Il patrimonio digitalizzato è in continuo incremento». La biblioteca organizza mostre e offre i propri spazi anche alle scuole della città per conferenze e incontri.

Il fotografo Massimo Listri ha appena pubblicato per l’editore tedesco Taschen di Colonia un impressionante volume fotografico intitolato Temples of Knowledge, dedicato alle più belle biblioteche del mondo, di oltre 500 pagine. «Sono convinto – commenta – che il libro come tale continuerà a sopravvivere. Tenere in mano un tablet non equivarrà mai a tenere in mano un libro. Le stesse biblioteche sono uno spazio affascinante perché sono un microcosmo che raccoglie tutto il mondo».

Il Pew Research Center di Washington offre altre interpretazioni del sorprendente successo delle biblioteche. Un recente rapporto del centro-studi rivela che l’87% dei giovani americani, ossia nati dopo il 2000, ritengono che le biblioteche siano lo strumento più credibile contro le fake news. Più in generale la quota di americani a pensarla nello stesso modo è del 78 per cento. Incredibilmente, la rivoluzione digitale, per ora, non è una minaccia per il futuro delle biblioteche. Anzi queste sembrerebbero rivelarsi un’oasi per fuggire dal ritmo frenetico della vita moderna e dal bombardamento quotidiano di informazioni.

Da anni, ormai, Antonio Padoa Schioppa, professore emerito all’Università di Milano, sta promuovendo la costruzione nella capitale lombarda di una nuova biblioteca, all’altezza delle ambizioni della città. «Lo scrupolo di obiettività e di imparzialità piace ai giovani. Le biblioteche sono qualcosa di molto vivo tanto più che sono diventate nel tempo qualcosa di ibrido. Oltre al libro fisico offrono molto di più», spiega lo storico del diritto, che da poco ha lasciato la presidenza della Fondazione Biblioteca europea di Informazione e Cultura al Consigliere di Stato Francesco Tronca. Un archivio digitale della Beic è già esistente ed è considerato tra i più moderni a livello internazionale.

In passato, le biblioteche sono state ritenute pericolosi centri del sapere: nel 1914, quella di Lovanio fu bruciata dai tedeschi; nel 1993, quella di Sarajevo fu bombardata dai serbi bosniaci; nel 2011, a Timbuctù furono distrutti antichi manoscritti. Paradossalmente, la minaccia più grave non giunge dalla rivoluzione digitale quanto dal momento politico. A Vienna, l’arrivo al potere della destra radicale fa temere tra le altre cose la politicizzazione dei servizi segreti. A Roma, chi vuole cancellare l’obbligo dei vaccini mette in dubbio la ricerca scientifica, esprimendo per alcuni osservatori un oscurantismo non dissimile dagli autodafé del passato. A Budapest, la libertà di stampa è gravemente indebolita. A Varsavia, l’indipendenza della magistratura è a rischio.

In un mondo attraversato da nuovi nazionalismi, le biblioteche sono un baluardo del libero pensiero. Piace ricordare che la Hofbibliothek di Vienna è stata per secoli la storica biblioteca transnazionale di un grande impero multiculturale e che l’istituzione austriaca ospita tuttora una delle pochissime copie superstiti del primo manuale di esperanto.

il Sole 24 Ore