La Cultura come risposta al degrado cittadino e sociale

Il tema del degrado cittadino è da sempre oggetto di aspri confronti e conduce sempre a soluzioni alquanto differenti tra loro. Personalmente mi ascrivo tra coloro che reputano fondamentale l’attenta monitorazione del Territorio, anche con il ricorso ai moderni sistemi, ma ben mi guardo dal ritenere questo approccio -isolato- realmente risolutivo. Non è infatti possibile prescindere dal chiedersi se questi interventi, sganciati da una più ampia politica  di lotta alla criminalità ed all’abbandono, siano realmente sufficienti.

Il controllo e la repressione sono solo una faccia della soluzione che, in assenza di adeguato sostegno progettuale, rischia di divenire estemporanea e costosa. Non possiamo farne a meno, certo, ma ad esse siamo tenuti ad affiancare interventi volti all’inclusione. E’ qui che entra prepotentemente in gioco la cultura. La riappropriazione degli spazi cittadini su spinta culturale genera un circolo virtuoso auto alimentante.

Parafrasando un noto riferimento biblico, possiamo dire che la Cultura restituisce il centuplo.

Le iniziative culturali muovono persone verso i luoghi di cui la città va riappropriandosi e crea un sottile ma solido legame emotivo con i cittadini fondato sull’emozionalità di quanto vissuto. Quel legame è centrale nel senso di appartenenza e proprietà emotiva. Proprio per questo, chi ha ricevuto è propenso a dare nei termini della restituzione operosa, nel coinvolgimento.

L’investimento in cultura è il migliore che un Amministratore possa deliberare e fornisce, unitamente a metodi “classici” di presidio territoriale, la giusta componente misericordiosa del volto di una città moderna.

A tal proposito, vi suggerisco questa lettura relativa ad un caso lodevole messo in campo nella città di Firenze (ma ve ne sono moltissimi, anche nei nostri paesi!). L’articolo è tratto dal Fatto Quotidiano di oggi.

 


Come si riqualifica un quartiere, uno spazio cittadino? Con la cultura.

Il parco delle Cascine in quella zona era una zona degradata, piazza di spaccio. Il Comune di Firenze, con la Fondazione C.R. di Firenze, ha restaurato la Palazzina dell’Indiano, una caffetteria di fine Ottocento. Recuperato l’immobile parte il progetto culturale, con la direzione di Virgilio Sieni, famoso coreografo. Da giugno a settembre 130 eventi: esposizioni d’arte, concerti, performance. Incontri, laboratori. Il progetto si chiama “Quarto paesaggio. L’esperienza urbana della bellezza“. Sarà vero che la bellezza salverà il mondo? Forse questo è sperare troppo, ma di certo lo migliorerà.

A pochi passi dalla palazzina, il magnifico tempietto dell’Indiano. E’ una storia affascinante: l’indiano in questione era il principe Rajaram Chuttraputti, maharajah di Kolhapur. E’ novembre, il novembre del 1870, arriva da Londra, ma si ferma a Firenze sulla via del ritorno in India. Ahimè, ci muore, a soli 21 anni.

I parenti osservano che è morto alla confluenza di due fiumi e, anche se non sono il Gange e lo Yamuna, è comunque un luogo sacro. Se il suo karma era morire lì, un motivo ci sarà. Viene costruito il magnifico tempietto e il grande ponte progettato da Montemagni, lì vicino, sarà chiamato appunto il ponte dell’Indiano. Dal ponte il tempietto si vede, ma dubito che molti fiorentini conoscano la storia.

L’angolo libri e le presentazioni le organizza Tatatà, una libreria nata da poco in via Santamaria, in uno spazio che è stato stalla e poi falegnameria. Nel centro della Firenze più vera. Fiamma e Silvia decidono di tentare l’avventura, e aprono Tatatà. Specializzata in viaggi e cucina. Fiamma Petrovic ha collaborato per anni con la Scuola del Viaggio, è scrittrice e conosce molto bene la letteratura sul tema. Si danno un sacco da fare: non solo presentazioni, ma anche disfide tra libri, uscite dalla libreria come questa. Bisogna lottare non solo con le difficoltà del caso, ma anche con la maleducazione di chi entra, trova un libro interessante e invece di comprarlo lo fotografo, per ordinarlo con lo sconto su Amazon. E’ miopia culturale, maleducazione e tirchieria in un solo colpo.